Recensione
Avevo trovato questo libro un anno fa dentro una lista, tra i titoli proposti avevo deciso che lo avrei letto e la scorsa settimana è arrivato il suo momento. Il tema del suicidio non mi attira mai molto, porta con se molta riflessione e mi richiede sempre più tempo per pensare. Non credo che questa volta me ne sono concessa abbastanza, avevo fretta di finirlo e scoprire come si sarebbe concluso. Il libro lo ho trovato lungo, per buona parte della lettura, i miei occhi cadevano sul numero di pagine che mi mancavano per concluderlo. E il finale mi ha lasciato quel senso di insoddisfazione, causato dalle troppe possibili variabili di prosecuzione e dal ritorno al punto di partenza.
La narrazione è sotto i quattro punti di vista dei personaggi: Martin, Maureen, JJ e Jess. Ognuno di loro ha un motivo per trovarsi li sopra e a proprio modo si è preparato per il tuffo verso l'aldilà. Il luogo comune che scelgono è la Casa dei Suicidi, un palazzo con alle spalle molte discese nel vuoto e morti.
Nessuno di loro quattro aveva previsto di trovare altri li sopra nella notte di Capodanno, incontrandosi spezzano quel progetto dove suicidarsi era un gesto individuale e non di gruppo. Passato l'attimo in cui erano pronti al gesto estremo, si ritrovano a scendere tutti e quattro dal palazzo e a rimandare ad un'altra notte l'incontro con la morte.
A cosa porta quell'incontro? Ad un confronto sulle problematiche che hanno incontrato nella vita, ognuno di loro ha ragioni così diverse che per alcuni versi si contrappongono. Martin una volta aveva una vita di successo, era un conduttore televisivo, essendo finito in prigione per una notte di sesso, si è ritrovato la vita così cambiata da non riuscire più a vedere cosa lo trattiene dal gettarsi nel vuoto. Maureen ha una di quelle ragioni che tutti comprendono, un cappio fisso intorno al collo che la soffoca, e non vede perché restare perennemente in bilico tra la morte e la vita. La corda che la strangola è il figlio disabile e la religione, che non le permette di sottrarsi al suo dovere, è stanca di questa oppressione che non le lascia un attimo di respiro. JJ una volta era un musicista, raggiungere il successo nella musica è decisamente difficile e nel suo caso ha portato alla perdita della band. Al momento consegna pizze, non vuole farlo per il resto della sua vita, è un lavoro che non gli permette di sentirsi realizzato e l'unico gesto fico che gli passa per la testa è buttarsi da quel palazzo. Ed infine Jess, una ragazza problematica, con una famiglia rimasta imprigionata nel momento in cui tre anni prima è sparita sua sorella.
Non era la prima volta che entravo in camera sua, e sapevo che non sarebbe stata l'ultima, e i libri sono tutti lì appoggiati a guardarmi, e quello che odio di più è sapere che uno di loro potrebbe aiutarmi a capire. Non voglio dire che troverò delle frasi sottolineate da lei che mi daranno un indizio su dove si trova, anche se tempo fa ci ho guardato. Li ho sfogliati, caso mai avesse messo un punto esclamativo vicino alla parola "Galles", o un cerchiolino attorno a "Texas". Voglio dire soltanto che se leggessi tutto quello che le piaceva, e tutto quello che ha attirato la sua attenzione in quegli ultimi mesi, mi farei un'idea di dove aveva la testa.
Ho inserito qui sopra la parte che ho preferito del libro, i personaggi attraverso i vari capitoli riflettono e piano piano elaborano quello che gli sta passando per la testa. Ho trovato molto coinvolgente come a volte i personaggi si rivolgono al lettore ponendo domande, mi sono sentita portata dentro il libro grazie a queste domande che attendevo con ansia. Penso che Hornby abbia gestito magistralmente il tema del suicidio, forse ha scritto anche troppo, meno pagine avrebbero trasmesso di più, eppure questo libro nella sua complessità è riflessivo.
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