Autrice: Parnaz Foroutan Titolo originale: The Girl from the Garden Traduttore: Micol Cerato Editore: Newton Compton Pubblicazione: 2016 Pagine: 170 Genere: Narrativa
Asher Malacouti è il capo di una famiglia ebrea che vive nella città iraniana di Kermanshah. Nonostante il successo e la ricchezza, Asher non può avere ciò che più desidera al mondo: un figlio maschio. La giovane moglie, Rakhel, costretta in un matrimonio opprimente, in un periodo storico in cui il valore di una donna dipende dalla sua fertilità, è disperata a causa della propria sterilità e, con il tempo, diventa gelosa e vendicativa. La sua afflizione è esasperata dalla gravidanza della cognata e dalla passione che il marito prova per Kokab, la moglie di suo cugino. Frustrato perché la moglie non riesce a dargli un erede, Asher prenderà una decisione fatale, che ridurrà a pezzi la sua famiglia e porterà Rakhel a compiere un gesto estremo, per salvare se stessa e la sua posizione all’interno della famiglia. Una storia tragica, una magnifica rappresentazione del tradimento e del sacrificio. E di un Iran che forse non esiste più
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Recensione
"Basta", dice Mahboubeh, sommessamente. "Smettila di ripetermelo". Sa che con lei non c’è nessuno, che è sola, tutta sola, in una casa e in una terra troppo distanti perché quella storia si dipani ai suoi piedi e la leghi alla sedia tenendola prigioniera del racconto."
Avevo letto due settimane fa questo libro e non è dei più semplici per tante ragioni, tra cui la struttura della trama che complica ancora di più la narrazione, non è molto comprensibile. Tutto inizia dalla storia di questa famiglia ebraica, dai ricordi di Mahboubeh, una signora scappata dal suo paese natale nel 1978. Mahboubeh ricorda quelle domande che si poneva, chi era sua madre? Ricorda la sua infanzia, la sua decisione di andare a scuola e il suo rifiuto di lasciarla per sposarsi. Ricorda la zia Rachel, la cattiveria con cui dominava la casa e regnava regina nel suo cortile. Tra questi ricordi, piano piano inizia ad affacciarsi il passato, quello di cui tutti si rifiutavano di parlare e riducevano la morte di sua madre al dolore. Il dolore ha tante variabili e lei non riusciva a capire da bambina, come una donna possa morire di dolore. Era un’orfana abbandonata a se stessa, un peso di cui Rachel si sarebbe volentieri liberata appena le era arrivato il ciclo. Perché arrivato il momento in cui una bambina è capace di procreare, cosa ci si può aspettare di meno da questo mondo? E questa è la tematica importante e nel contempo difficile. Non riesco a spiegarmi come una donna, che è stata data in sposa immediatamente dopo che è diventata donna, possa spingere un’altra bambina innocente al matrimonio. Non capisco questa parte della loro cultura, è una cosa contro cui si lotta, ma per quanto è ambientato più indietro del 1978, come può essere così radicata che le madri (mi è parso) sono felici di offrire queste piccole innocenti?
"Quello sarà tuo marito", disse. E Khorsheed ricorda di averlo accettato, con la stessa facilità con cui avrebbe reagito se qualcuno le avesse indicato una sedia e spiegato: "Quello è il posto dove sederai". Dopo che gli uomini se ne furono andati, lei continuò a giocare con le bambole, ma le sue zie cominciarono a prestarle maggiore attenzione. Le dissero che, molto presto, avrebbe avuto dei bambini veri con cui giocare e, mentre glielo dicevano, lei pensava che sarebbe stato bellissimo se una delle sue bambole l’avesse chiamata maman e avesse pianto per lei. Poi venne il giorno in cui la vestirono con i suoi abiti più belli, e le pitturarono le guance. Festeggiarono con grandi cerimonie e molto cibo. La settima notte, Khorsheed si sdraiò nervosamente sotto la coperta di un letto diverso, aspettando che lo sconosciuto che aveva sposato, quell’uomo che ora chiamava marito, entrasse in quella stanza poco familiare, in quella nuova casa che aveva preso il posto della vecchia.